I 4 quarti della CHIVA

La cura CHIVA non è un intervento chirurgico come altri , ma una strategia per curare le vene varicose senza togliere la safena suddivisa appunto in quattro quarti di esperienza.

Il primo quarto

Il primo quarto è l’emodinamica, cioè la capacità di raccogliere con l’ecodoppler molte informazioni in più di quelle di un esame standard e di costruire una mappa delle vene e della direzione del flusso del sangue quando in paziente cammina. Questa mappa è la base della strategia. La strategia è l’arte di deviare il sangue da una vena in altra riducendo la pressione e la portata del flusso che sono le componenti di fisica responsabili dei sintomi e delle vene varicose. Sarà quindi sempre conservata la safena ed anche sulle collaterali si applicherà lo stesso principio. La strategia si conclude con il mappaggio, cioè con la marcatura, sotto controllo ecografico, dei punti in cui fare le legature delle vene che consentono di raggiungere il risultato.

Il secondo quarto

Il secondo quarto è la chirurgia , cioè la messa in atto della strategia programmata. Con l’eccezione delle cross della safena ( punti in cui la safena si riunisce alle vene profonde) che sono un po più profonde, si tratta di reperire nel sottocutaneo e poi legare e sezione e sezionare dei vasi superficiali. Apparentemente è una cosa molto semplice, in realtà però è altrettanto delicata perché dalla sua precisione dipende la riuscita dell’intervento. Attraverso una incisione di pochi millimetri dobbiamo identificare il vaso giusto e sceglierlo fra i due o tre che si trovano in quel punto. Ciò è possibile solo se gli occhi del chirurgo saranno gli stessi che hanno fatto la mappatura eco-doppler e che hanno visto all’ecografia l’anatomia di quel punto, calibro, direzione, sede disposizione di tutto ciò che sta al di sotto della piccola incisione. A questo scopo è anche molto importante che l’ecografia sia eseguita immediatamente prima dell’intervento.  Infatti non esiste niente di meglio della memoria visiva dell’anatomia ecografia per confrontarla con l’anatomia chirurgica che è molto meno precisa. Infatti con l’ecografia si vede tutto senza barriere, durante l’intervento si vede solo ciò che emerge dalla incisione e che non sempre corrisponde a quello che cerchiamo.

Finito l’intervento si inizia con i controlli e chi meglio di chi ha fatto l’intervento può fare l’ecodoppler di controllo!

Il Terzo Quarto

Il Terzo Quarto è l’elastocompressione. Ogni paziente è un caso a sè ed ogni intervento è diverso da un altro. L’emodinamica del sistema venoso dopo l’intervento può necessitare di un supporto elastocompressivo per raggiungere l’obiettivo. Ci sono casi in cui il flusso nella safena e nelle collaterali si adatta immediatamente alle deviazioni effettuate ed altri in cui è necessario aiutare questa fase con un supporto elastocompressivo . A seconda del casi si applicherà dopo l’intervento una calza elastica oppure un bendaggio ( in genere solo per alcuni giorni ) o una compressione eccentrica , si metteranno cioè dei tamponi sulle vene per ridurne il calibro.

Il Quarto Quarto

Per molte pazienti il risultato estetico è molto importante. Il raggiungimento del risultato estetico dopo CHIVA è diverso diverso da caso a caso e può essere previsto prima dell’intervento con il test del laccio. Si applica un laccio nel punto in cui si farà la legatura della collaterale e si fa camminare la paziente. Da come si svuota la vena varicosa si capirà che cosa succederò dopo l’intervento. Se il risultato ottenuto dopo un periodo di assestamento di circa tre mesi non è soddisfacente si può migliorare con delle iniezioni di schiuma sclerosante a bassa concentrazione. La scleroterapià in questo caso ha il significato di un completamento ed è esente dalle problematiche della scleroterapia come trattamento unico delle vene varicose. Il risultato ottenuto sarà stabile nel tempo e senza le complicanze tipiche della scleroterapia. E’ovvio che anche la scleroterapia dovrà essere effettuata dallo stesso operatore che ha fatto il resto.

Conclusioni

La CHIVA non è un intervento standardizzato ed i buoni risultati dipendono dall’esperienza dell’operatore, non solo in emodinamica ma anche nella chirurgia, nella scleroterapia e nella elastocompressione.

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